Spesso non è facile dividere le spese condominiali, ma quanto può gravare nelle tasche dei condomini la manutenzione della facciata?
La Corte di Cassazione, con ordinanza numero 20003 del 24 settembre 2020 sui lavori di straordinaria manutenzione riguardanti la facciata condominiale ha affrontato la tematica.
Secondo la corte di Cassazione le spese di manutenzione della facciata sono da dividere tra tutti i proprietari, in quanto parte comune rientrante tra quelle di cui all’art. 1117 del codice civile.
Il Tribunale ha affermato quindi che: la facciata di prospetto di un edificio rientra nella categoria dei muri maestri, ed, al pari di questi, costituisce una delle strutture essenziali ai fini dell’esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato, sicché, nell’ipotesi di condominialità del fabbricato, ai sensi dell’art. 1117, n. 1, c.c., ricade necessariamente fra le parti oggetto di comunione fra i proprietari delle diverse porzioni dello stesso e resta destinata indifferenziatamente al servizio di tutte tali porzioni, con la conseguenza che le spese della sua manutenzione devono essere sostenute dai relativi titolari in misura proporzionale al valore delle rispettive proprietà (Cass. Sez. 2, 30/01/1998, n. 945).
Al riguardo dell’inerenza dei lavori alla facciata, il ricorso si esaurisce in una inammissibile prospettazione alternativa dei fatti posti a base del decreto ingiuntivo (tra cui tre verbali di deliberazioni dell’assemblea), senza peraltro indicare specificamente il contenuto dei documenti su cui le censure poggiano, secondo quanto prescritto dall’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c. E peraltro, gli stessi cortili, e cioè le aree scoperte comprese tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, le quali servono a dare luce e aria agli ambienti circostanti che vi prospettano, e non siano destinate oggettivamente, per le loro caratteristiche strutturali, al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari, rientrano nel novero dei beni che vanno ritenuti comuni in forza della presunzione di appartenenza a tutti i condomini ex art. 1117 c.c., vincibile soltanto dalle opposte risultanze di un determinato titolo.
Occorre pertanto ribadire che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, il condominio soddisfa l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti (Cass. Sez. 2, 29 agosto 1994, n. 7569). Il giudice, pronunciando sul merito, emetterà una sentenza favorevole o meno, a seconda che l’amministratore dimostri che la domanda sia fondata, e cioè che il credito preteso sussiste, è esigibile e che il condominio ne è titolare. La delibera condominiale di approvazione dei lavori costituisce, così, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condominio a pagare le somme nel processo oppositorio a cognizione piena ed esauriente, il cui ambito è ristretto alla verifica della (perdurante) esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Cass. Sez. U., 18 dicembre 2009, n. 26629; Cass. Sez. 2 , 23/02/2017, n. 4672).
Il giudice deve quindi accogliere l’opposizione solo qualora la delibera condominiale abbia perduto la sua efficacia, per esserne stata l’esecuzione sospesa dal giudice dell’impugnazione, ex art. 1137, comma 2, c.c., o per avere questi, con sentenza sopravvenuta alla decisione di merito nel giudizio di opposizione ancorché non passata in giudicato, annullato la deliberazione (Cass. Sez. 2, 14/11/2012, n.
19938; Cass. Sez. 6 – 2, 24/03/2017, n. 7741). La sentenza del Tribunale di Cassino ha altresì negato che valesse come ragione di revoca del decreto ingiuntivo la mancata approvazione degli stati di riparto, è ciò esclude il vizio di omessa pronuncia sull’appello incidentale formulato dal Palumbo, in quanto la decisione adottata comporta una statuizione implicita di rigetto dello stesso.
Anche sul punto, la decisione del Tribunale di Cassino risulta corretta. Si ravvisa, invero, un duplice oggetto della deliberazione dell’assemblea condominiale che approvi un intervento di manutenzione delle parti comuni:
1) l’approvazione della spesa, che significa che l’assemblea ha riconosciuto la necessità di quella spesa in quella misura;
2) la ripartizione della spesa tra i condomini, con riguardo alla quale la misura del contributo dipende dal valore della proprietà di ciascuno o dall’uso che ciascuno può fare della cosa.
Se, allora, l’approvazione assembleare dell’intervento, ove si tratti lavori di manutenzione straordinaria, ha valore costitutivo della obbligazione di contribuzione alle relative spese, la ripartizione, che indica il contributo di ciascuno, ha valore puramente dichiarativo, in quanto serve solo ad esprimere in precisi termini aritmetici un già preesistente rapporto di valore, secondo i criteri di calcolo stabiliti dalla legge e (o da un’eventuale convenzione) (arg. da Cass. Sez. U, 09/08/2010, n. 18477; Cass. Sez. 2, 03/12/1999, n. 13505; Cass. Sez. 2, 15/03/1994, n. 2452; Cass. Sez. U, 05/05/1980, n. 2928).
L’approvazione assembleare dello stato di ripartizione delle spese è, piuttosto, condizione indispensabile per la concessione dell’esecuzione provvisoria al decreto di ingiunzione per la
riscossione dei contributi, ai sensi dell’art. 63, comma 1, disp. att. c.c., giacché ad esso il legislatore ha riconosciuto un valore probatorio privilegiato in ordine alla certezza del credito del condominio, corrispondente a quello dei documenti esemplificativamente elencati nell’art. 642, comma 1, c.p.c.
(Cass. Sez. 2, 23/05/1972, n. 1588).
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A cura della Redazione