Nel caso in cui il manufatto venga ricostruito senza il rispetto della sagoma preesistente e dell’area di sedime, occorre comunque il rispetto delle distanze prescritte.
Lo ha sancito la quarta sezione del Consiglio di Stato, nella sentenza n. 4728/2017 depositata il 12 ottobre, affermando che attualmente sono “interventi di ristrutturazione edilizia” gli interventi “rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti”.
Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia “sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell’edificio preesistente”.
Il fatto
ll Sig. xxxx impugna una sentenza con la quale il Tar Piemonte ha rigettato inerente il permesso di costruire rilasciato dal Comune di Settimo Torinese alla società Monviso s.r.l., per la realizzazione di una nuova costruzione di tipo residenziale. La sentenza impugnata ha affermato, in particolare:
- ai fini della qualificazione di un intervento come ristrutturazione edilizia, “non rileva in senso negativo l’intervallo di tempo intercorso tra il crollo accidentale dell’edificio e l’avvio della ricostruzione” (nel caso di specie nel 2009, circa sei anni prima del rilascio del permesso di costruire);
- in presenza di un edificio coincidente quanto a volume con quello crollato, e con superficie lievemente inferiore a quella preesistente, “la modesta traslazione lineare verso ovest dell’edificio ricostruito (per circa cinque metri) non impedisce di qualificare la ricostruzione come “ristrutturazione edilizia”, non soggetta al rispetto delle distanze minime prescritte dallo strumento urbanistico per le nuove edificazioni”.
Il Consiglio di Stato Il CDS precisa che nel corpus normativo dedicato alla “ristrutturazione edilizia” (almeno fino alla novella del 2013), sono presenti due distinti tipi di ristrutturazione:
- la ristrutturazione edilizia cd. “conservativa”, che può comportare anche l’inserimento di nuovi volumi o modifica della sagoma;
- la ristrutturazione edilizia cd. “ricostruttiva”, attuata mediante demolizione, anche parziale, e ricostruzione, nel rispetto del volume e della sagoma dell’edificio preesistente, con la conseguenza che, in difetto, viene a configurarsi una nuova costruzione.
Entrambi i tipi di ristrutturazione trovano fondamento nell’art.3 comma 1 del dpr 380/2001, risolvendosi il successivo art. 10, lett. c), solo in una norma di indicazione dei casi di ristrutturazione sottoposti a permesso di costruire.
La ristrutturazione edilizia, quindi, si caratterizza per la diversità dell’organismo edilizio prodotto dall’intervento di trasformazione rispetto al precedente e si distingue dalla nuova costruzione perché mentre quest’ultima presuppone una trasformazione del territorio, la ristrutturazione è invece caratterizzata dalla preesistenza di un manufatto.
Ma in particolare, è con riferimento alla ipotesi di ristrutturazione “ricostruttiva” che è richiesta identità di volumetria e di sagoma “affermandosi altresì che, in difetto, si configura una nuova costruzione, con la conseguente applicabilità anche delle norme sulle distanze“.
In sostanza:
- nel caso in cui il manufatto che costituisce il risultato di una ristrutturazione edilizia venga comunque ricostruito con coincidenza di area di sedime e di sagoma, esso – proprio perché “coincidente” per tali profili con il manufatto preesistente – potrà sottrarsi al rispetto delle norme sulle distanze innanzi citate, in quanto sostitutivo di un precedente manufatto che già non rispettava dette distanze (e magari preesisteva anche alla stessa loro previsione normativa). Come questa Sezione ha avuto modo di osservare (Cons. Stato, sez. IV, 14 settembre 2017 n. 4337), “la disposizione dell’art. 9 n. 2 D.M. n. 1444 riguarda “nuovi edifici”, intendendosi per tali gli edifici (o parti e/o sopraelevazioni di essi: Cons. Stato, sez. IV, 4 agosto 2016 n. 3522) “costruiti per la prima volta” e non già edifici preesistenti, per i quali, in sede di ricostruzione, non avrebbe senso prescrivere distanze diverse”.
- invece, nel caso in cui il manufatto venga ricostruito senza il rispetto della sagoma preesistente e dell’area di sedime, come pure consentito dalle norme innanzi indicate, occorrerà comunque il rispetto delle distanze prescritte, proprio perché esso – quanto alla sua collocazione fisica – rappresenta un novum, come tale tenuto a rispettare – indipendentemente dalla sua qualificazione come ristrutturazione edilizia o nuova costruzione – le norme sulle distanze.