Le fiamme il 9 marzo 2010 avevano letteralmente “divorato” 150 metri di tetto nell’abitazione di Giampietro Galeotti – in via Crispi al civico 70, a Carpineti – rendendo temporaneamente inagibile quasi tutto lo stabile.
Tutti gli occupanti erano stati evacuati e si erano vissuti momenti non facili: solo il rapido intervento dei vigili del fuoco (Provenienti da Castelnovo Monti, Reggio e Sassuolo) aveva evitato che l’incendio prendesse una piega anche peggiore.
Poi i successivi accertamenti – sempre dei vigili del fuoco ma anche dei carabinieri di Carpineti – avevano appurato che la causa del rogo era da ricercare nella “mancanza di idoneo isolamento termico della canna fumaria dell’appartamento di Galeotti – scrivono gli inquirenti nella relazione poi depositata in procura – proprio nel punto di attraversamento del tetto in legno ventilato che a seguito dell’elevata temperatura prodotta dalla canna fumaria andava in combustione”.
Un incendio ritenuto, quindi, di natura colposa.
Oltretutto l’acqua usata per lo spegnimento delle fiamme, era filtrata per tutti i piani dello stabile, andando ad invadere anche il negozio di alimentari situato al piano terra.
Indagini che hanno ieri portato sotto processo – in tribunale a Reggio – il geometra carpinetano 57enne Giordano Caselli, quale direttore dei lavori quando – nel 1993-94 – venne costruita l’abitazione.
Ma l’avvocato difensore Noris Bucchi, facendo leva sulle testimonianze – fra cui quella del proprietario dell’abitazione – ha fatto emergere in aula che effettivamente la casa era stata costruita negli anni Novanta, ma solo in un momento successivo erano stati installati il camino e la canna fumaria “incriminata”.
Un’installazione però da un’altra ditta e, quindi, Caselli non poteva essere responsabile di quanto accaduto sei anni fa e culminato in un incendio. Una ricostruzione difensiva che ha portato il giudice Dario De Luca ad assolvere l’imputato «per non aver commesso il fatto».