Le pompe di calore elettriche possono coprire i bisogni di raffrescamento, riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria, praticamente per ogni abitazione. Ma per evitare spese inutili e per un corretto dimensionamento bisogna conoscere le caratteristiche dell’abitazione e le esigenze di chi vi abita.
Fra poche settimane inizierà il gran caldo e molti correranno ad acquistare un piccolo condizionatore d’aria, che provvederà, a fronte di un effetto limitato, a far schizzare in alto i consumi elettrici sia di chi lo ha acquistato, sia quelli nazionali: nel caldissimo 21 luglio 2015 si è raggiunto un picco di consumi elettrici di 57,2 GW, e oltre 100 euro al MWh sulla Borsa elettrica, proprio grazie alla “condizionatore-mania”.
Viene da chiedersi quanti sappiano che, con molta più efficienza, un impianto di riscaldamento moderno può trasformarsi in uno di raffrescamento dell’intera casa, fra l’altro permettendo di utilizzare al meglio l’eventuale energia fotovoltaica prodotta sul tetto, che raggiunge il suo picco proprio nei mesi più caldi.
Parliamo naturalmente delle pompe di calore (Pdc), impianti di climatizzazione “tutto elettrico”, che si sono aggiunte da alcuni anni alla consueta offerta di caldaie.
L’istituzione dell’opzione di usufruire della tariffa elettrica D1, che fa pagare la tanta elettricità che usano a prezzi calmierati, sui 20-22 centesimi al kWh, e non quelli più alti normalmente in vigore per i forti consumi, le ha rese anche più competitive rispetto al gas. E la riforma delle bollette già iniziata e che si concluderà nel 2018, che “premierà” gli alti consumi, confermarà questo vantaggio.
Forse, però, molti alle prese con la costruzione o ristrutturazione della propria casa, non pensano alla Pdc, perché la immaginano ancora come un macchinario complesso, costoso, ingombrante, magari installabile solo in abitazioni con un impianto di riscaldamento predisposto.
«Niente di più lontano dalla realtà», ci dice Lorenzo Micheli capo tecnico della Geuimpianti di Calcinaia, vicino Pisa, che vende online molte delle proprie soluzioni. «L’evoluzione tecnologica delle Pdc è stata straordinaria, e oggi si trovano soluzioni per ogni tipo situazione. Con la Pdc si possono coprire le esigenze di raffrescamento, riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria, praticamente per ogni abitazione, dall’appartamento in condominio, fino alla villa isolata. Ultimamente sono apparsi persino modelli ‘minimi’ pensati solo per la produzione di acqua calda sanitaria, che usano come sorgente di calore l’aria riscaldata dal sole che si forma dietro una piastra esterna nera, una sorta di ibrido fra solare termico e Pdc, insomma».
Ma ci sarà pure qualcuno che non può installare questi dispositivi.
«Noi la sconsigliamo solo in due casi: abitazioni con classe energetica molto bassa, diciamo sotto la D, e abitazioni talmente minuscole da non poter ospitare la parte interna della Pdc o il sistema di accumulo dell’acqua calda, se si vuole che faccia anche l’acqua sanitaria».
Caldaie e Pdc funzionano infatti in modo molto diverso: le prime hanno una potenza calorifica molto alta (in media 24 kW) e possono produrre in pochi secondi acqua a 70 °C nelle quantità necessarie al riscaldamento o agli usi sanitari. Le Pdc invece hanno una potenza molto ridotta (sui 5-10 kW elettrici) e raccolgono calore dall’aria esterna (o dal sottosuolo) e lo trasferiscono lentamente, tramite scambiatori di calore, nell’acqua del riscaldamento o sanitaria.
Hanno quindi bisogno di funzionare per lungo tempo, concentrando il calore raccolto in un accumulo termico che faccia da riserva-cuscinetto, e che, nel caso dell’acqua sanitaria può richiedere fra 100 e i 300 litri di volume.
«Quindi, se in una casa non c’è lo spazio per il serbatoio di accumulo, la Pdc può solo occuparsi del riscaldamento/raffrescamento, con una parte da attaccare al muro esterno per la cattura del calore dell’aria, grande come quella di un normale condizionatore, e una interna, grande poco più di una caldaia, dove avviene la cessione del calore all’acqua. Se poi si ha spazio esterno disponibile, naturalmente, può anche optare per un modello senza parti interne».
Ma una Pdc richiede per forza un sistema di riscaldamento a pavimento a bassa temperatura?
«No, non più: producendo acqua a circa 55 °C la si può allacciare anche ai normali termosifoni, ma, di nuovo, con un uso pressoché continuo nel corso della giornata: l’idea “la accendo solo quando torno a casa”, come spesso si fa con le caldaie, non funziona con le Pdc. Per questo case a basso isolamento sono sconsigliate: il calore che si perde lungo la giornata è troppo».
Però, mentre nel caso del pavimento radiante, questo può essere utilizzato anche per il raffrescamento, i termosifoni non sono utilizzabili per raffrescare: in questo caso si deve pensare a un sistema di ventilazione che convogli nelle stanze l’aria raffreddata dalla Pdc.
In ogni caso una Pdc usata per il raffrescamento consente di sfruttare al meglio una eventuale produzione fotovoltaica (FV), che è invece penalizzata nelle brevi, e spesso nuvolose, giornate invernali.
«È vero, l’abbinata FV+raffrescamento con Pdc è l’ideale. Ma, anche con il solo riscaldamento si ottengono risultati notevoli. Abbiamo calcolato un risparmio sull’elettricità annuale per la Pdc del 40%, circa, usando un impianto FV dimensionato considerando anche i suoi consumi e un grande accumulo di acqua calda, il cui rifornimento viene programmato per svolgersi soprattutto nelle ore centrali della giornata».
Un problema delle Pdc, però, è che perdono efficienza con il calo delle temperature esterne, cioè proprio quando, d’inverno, serve di più il loro intervento.
«Con i modelli più recenti questo calo è meno pronunciato: l’efficienza di certi modelli cala di poco fra +20 e -15 °C, una temperatura che in gran parte d’Italia si raggiunge raramente».
Quindi è tutto meraviglioso nel mondo delle pompe di calore? Non proprio e a riportarci sulla terra è uno dei massimi esperti italiani di questi dispositivi, l’ingegner Michele Vio, progettista e consulente per la costruzione e installazione di Pdc, che è stato anche presidente della Associazione italiana condizionamento dell’aria, riscaldamento e refrigerazione.
«Le Pdc sono macchine meravigliose, che io consiglio a tutti di impiegare nei loro impianti. Ma attenzione alle esagerazioni, alle semplificazioni e al seguire le mode del momento: si rischia di restare delusi. Personalmente ritengo che una Pdc da sola sia consigliabile solo nel caso di impianti centralizzati per condomini, alberghi e simili, mentre nel caso di una abitazione singola sia meglio mantenere anche una caldaia di supporto al suo lavoro».
Il punto centrale, secondo Vio è che la differenza di costo fra un kWh termico prodotto da una caldaia a gas, circa 8 centesimi di euro, e uno da una Pdc, 6-7 centesimi di euro, è molto piccola e basta quindi poco ad eroderla, rendendo l’uso della Pdc non conveniente.
«Prendiamo per esempio una fredda giornata invernale: dovendo estrarre calore dall’aria gelida esterna, la Pdc cala di efficienza proprio nel momento in cui deve lavorare più intensamente, perdendo il vantaggio che aveva sul gas; ed ecco che allora sarebbe stato meglio affidarsi in quel periodo a una caldaia. Oppure pensiamo a una famiglia numerosa, che per soddisfare il suo grande bisogno di acqua sanitaria dovrebbe usare una Pdc molto potente, che scaldi un grande volume di acqua calda, visto che non si supera mai i 55 °C: anche in questo caso una caldaia per i momenti di picco di uso avrebbe potuto essere più conveniente. E infine ci possono essere periodi, come l’attuale, in cui il gas cala fortemente di prezzo, mentre l’elettricità, magari nelle ore di punta, resta costosa, erodendo il vantaggio della Pdc. Poter passare da una all’altra fonte a seconda della convenienza, magari usando un software apposito, può portare a grossi risparmi».
Vio consiglia così di dimensionare la Pdc sul compito che sa fare meglio, raffrescare gli ambienti, scegliendo un modello che sia accoppiabile con la caldaia a gas, così che i due si integrino a coprire la domanda.
«Secondo le mie simulazioni, in questo modo una Pdc nell’Italia del Nord può coprire da sola il 90% delle esigenze energetiche, facendosi aiutare dalla caldaia solo nei momenti di massima richiesta».
E c’è anche un altro aspetto da considerare: manutenzione e guasti.
«Una Pdc è una macchina che va mantenuta bene, per esempio facendo pulire ogni anno la parte esterna e controllando i circuiti e i liquidi, se la si vuole tenere alla massima efficienza e mantenere il suo vantaggio. E talvolta può anche guastarsi. Purtroppo i tecnici esperti per le Pdc sono ancora pochi, non facili da trovare come i caldaisti. Pensate se a casa vostra aveste solo una Pdc come fonte energetica e vi si fermasse durante le vacanze di Natale … meglio avere un piano B, no?».
Probabilmente sì, anche se questa maggior affidabilità la si ottiene a spese del sogno di avere la casa “100% elettrica”, alimentata solo da fonti rinnovabili e senza i rischi del gas.
Inoltre, ma non è che dovendo installare anche una caldaia, ci si mangia tutto il vantaggio economico?
«No, perché con una caldaia si può installare una Pdc più piccola di quella che sarebbe necessaria se dovesse lavorare a sola. Ho fatto una simulazione per una casa di 100 metri quadri. Installando una caldaia più un condizionatore per l’estate spenderei circa 5.000 euro. Con una combinazione caldaia + piccola Pdc spenderei sui 7.000 euro, la stessa cifra che costerebbe installare una Pdc abbastanza grande da fare tutto da sola».
Se l’abitazione ha un mediocre isolamento termico, come gran parte delle case italiane?
«Le spese di riscaldamento e raffrescamento con la combinazione caldaia + condizionatore sarebbero di circa 1.300 euro annui, mentre con la piccola Pdc di supporto ci si fermerebbe a circa 800. Ma anche con la sola Pdc la spesa si resterebbe intorno agli 800 euro, perché, pur non usando il gas, dovendola impiegare anche nei momenti di sua minore efficienza, si mangerebbe tutto il vantaggio. In definitiva con una Pdc piccola o grande avremmo un risparmio di circa 500 euro annui, che rapidamente coprirebbe la maggiore spesa iniziale di 2.000 euro. Ma mantenendo anche una caldaia ho maggior sicurezza sulla continuità di funzionamento».
Naturalmente questo calcolo è solo una approssimazione media, che può variare di molto cambiando zona geografica (al sud le Pdc possono più facilmente coprire tutto), tipo di abitazione, numero di persone che la abitano e uso o meno del fotovoltaico.
Ma serve per dare una prima idea realistica della convenienza di una Pdc, con l’ovvia avvertenza, per chi decidesse di fare sul serio, che l’installazione di questo dispositivo richiede uno studio approfondito dell’abitazione e delle esigenze di chi vi abita, per strutturare e dimensionare al meglio l’impianto ed evitare spese inutili, disagi e magari anche cocenti delusioni.
Fonte: QualEnergia