Servono più boschi e una migliore gestione delle risorse forestali per non risultare eccessivamente dipendenti dall’estero. Oggi l’Italia importa l’85% del pellet che consuma. I principali fornitori sono Austria, Croazia, Lituania e Francia
L’Italia è il primo consumatore europeo di pellet ed importa l’85% di quanto consuma in stufe e caldaie. È quanto emerso a Verona nel corso del 4° International Forum Pellet: iniziativa realizzata da AIEL (Associazione Italiana Energie Agroforestali) in collaborazione con Piemmeti spa, società controllata di Veronafiere che organizza Progetto Fuoco, la più importante manifestazione internazionale sulla filiera del riscaldamento a biomasse legnose, la cui 10ª edizione è in programma da domani fino a domenica 28 febbraio, alla Fiera di Verona.
Il mercato italiano del pellet (dati 2014) è pari a poco meno di 3 milioni di tonnellate annue (2,9), davanti a Germania (2 milioni), Svezia, Francia e Austria. Un consumo che, spiega Annalisa Paniz dell’European Pellet Council, “consente di rispettare gli obiettivi della Conferenza di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici, in quanto il pellet emette 10 volte meno anidride carbonica rispetto alle fonti fossili; usando poi pellet certificato, si riduce da 2 a 4 volte l’emissione di polveri sottili rispetto al pellet normale”.
Un altro elemento interessante legato all’utilizzo del pellet riguarda il risparmio economico: una via intrapresa finora da oltre due milioni di famiglie italiane che hanno abbandonato le caldaie a metano, gasolio o gpl.
I dati indicano che in Italia sono attivi 2,7 milioni di impianti (il 96% sono stufe, il 3% caldaie), presenti soprattutto nel Nordovest (31%) e nel Nordest (26%) con una vendita garantita per il 25% da rivenditori specializzati, per il 24% dalla grande distribuzione e per il 18% dalle ferramenta.
Riguardo alle stufe a pellet, dopo i due picchi di vendite (280.000 unità) del 2006 e 2013, nel 2015 si è scesi a 190.000 pezzi e il calo è dovuto (oltre a motivi climatici) anche a margini diminuiti e all’aumento dell’Iva. Il numero delle stufe vendute in Italia resta comunque alto se si paragona alle 395.000 stufe comprate nel 2014 in tutta Europa e alle 357.000 dello scorso anno, al punto che deteniamo il 54% delle vendite europee.
Per le importazioni di materia prima nel 2015 l’Italia ha provveduto a comprare 1,65 milioni di tonnellate di pellet: 74% in meno dagli Stati Uniti; in calo anche il pellet canadese mentre i nostri primi quattro fornitori sono diventati Austria, Croazia, Lituania e Francia.
Paolo Perini del comitato operativo Gruppo Produttori e Distributori di pellet ENplus di AIEL, ha ricordato che il luogo vocato alla produzione di pellet è il Nordest, per via della concentrazione di aziende di lavorazione del legno vergine. “La produzione di pellet certificato ENplus è in crescita e passerà dalle 130.000 tonnellate del 2015 a 140.000 quest’anno – ha spiegato Perini –, anche grazie alla nascita di due nuovi impianti in Trentino Alto Adige e in Molise. Ancora troppo poco per superare quelle 385.000 tonnellate di pellet italiano (certificato e non) che costituiscono il 15% della domanda italiana. Servono nuovi impianti, una politica più sensibile e un miglior sfruttamento della riserva boschiva, dato che i 9,1 milioni di ettari di foreste ogni anno aumentano di 32,5 milioni di metri cubi”.+
Fonte: Teatro Naturale