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Le norme locali possono disciplinare le distanze verticali per la realizzazione di canne fumarie

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La Corte di Cassazione ha puntualizzato che la disciplina delle canne fumarie, oltre ad essere prevista dall’articolo 890 del codice civile, può essere integrata anche da una norma locale, in virtù del rinvio della norma civilistica, ed il giudice di merito perde ogni valutazione discrezionale a tal riguardo.

Con atto di citazione il proprietario di un immobile cita in giudizio il suo vicino sostenendo che quest’ultimo aveva

realizzato una canna fumaria sulla facciata del suo immobile i cui fumi determinavano immissioni nella sua abitazione, che superavano la normale soglia di tollerabilità. L’attore, inoltre, sostiene che la canna fumaria in questione era stata realizzata in difformità rispetto alle prescrizioni locali che stabilivano l’altezza delle stessa di un metro sopra il colmo dei tetti, per una distanza di almeno dieci metri dalle abitazioni circostanti.

In primo grado le richieste dell’attore vengono accolte e la sentenza ordina l’innalzamento del comignolo, ma la decisione viene riformata in appello ove il giudice ha osservato che né la norma codicistica né il regolamento edilizio vigente all’epoca prevedevano distanze per la canna fumaria. (Stop alla canna fumaria anche se il regolamento comunale che dispone l’altezza minima risulta successivo alla costruzione.)

L’appellato, attore nel giudizio di primo grado, impugna la sentenza d’appello in Cassazione.

Il giudizio in Cassazione. Il ricorrente, con il primo motivo del ricorso, deduce la violazione dell’articolo 890 del codice civile e degli articoli 57 del Regolamento edilizio e 42 del Regolamento di igiene, che contrariamente a quanto stabilito dalla sentenza di secondo grado, disciplinano le distanze dei comignoli ed integrano la norma del codice civile.

La sentenza in commento, a tal proposito, osserva che la norma del codice civile in questione rinvia, in tema di distanze, alle norme locali e solo in mancanza di queste ultime rimanda all’accertamento del giudice, facendo in tal modo riferimento alle distanze che vengono stabilite, in sede regolamentare, al fine di “ preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza”.

La Cassazione ha osservato che, nel caso di specie, proprio il regolamento di igiene del comune ove si è verificata la vicenda in questione stabilisce che “…lo sbocco dei fumaioli dovrà elevarsi almeno di un metro sul tetto della casa più alta vicina al momento della costruzione del camino stesso”.

Valutando la norma regolamentare, quindi, i giudici di legittimità hanno considerato pienamente integrata la norma del codice civile, con l’individuazione di una distanza “verticale, pertanto, non residuava alcun potere di accertamento al giudice.

L’installazione canna fumaria a pochi metri dal balcone del vicino

In buona sostanza, quindi, la Corte di Cassazione attraverso la sentenza in commento non ha fatto altro che constatare che, nel momento in cui le norme locali stabiliscono le distanze dal fondo vicino nel rispetto delle quali devono essere costruiti i comignoli, risulta pienamente integrata la disciplina prevista in tema di distanze legali dall’articolo 890 del codice civile.

Fra l’altro, nel caso di specie, non trova alcun riscontro l’assunto del resistente che nel controricorso aveva puntualizzato che il regolamento edilizio del 1989 aveva abrogato quello di igiene del 1942 e che quindi non poteva trovare accoglimento la tesi del ricorrente.

I giudici di legittimità a tal riguardo hanno precisato che mentre il regolamento del 1989 riguardava esclusivamente lo sviluppo urbanistico, quello del 1942 riguardava la tutela della salute ed avevano, quindi, ambiti di competenza totalmente distinti.

Nel ribadire, infine, la presenza di una norma regolamentare che disciplinava la distanza dei comignoli, i giudici di legittimità ritengono che se la canna fumaria viene realizzata in violazione della normativa locale: tale circostanza comporta una presunzione iuris et de iure della loro nocività e pericolosità.

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