E’ ancora piuttosto diffusa la speranza del “moto perpetuo”, magari nella versione dell’energia prodotta gratis. Recentemente sono stati annunciati e presentati due prodotti per il riscaldamento dell’acqua che, molto probabilmente, rientrano in questa categoria. Promettono prestazioni notevoli che non sono supportate dalla prova dei fatti. Bufala o svolta energetica?
Pochi giorni fa un famoso rapper americano ha affermato su Twitter di credere che la Terra sia piatta. Di fronte a una tale persistenza delle idee più sballate, non è strano che sia ancora diffusa la speranza del “moto perpetuo”, magari nella versione dell’“energia gratis”, che nasce dal nulla.
Così non sorprende che recentemente siano stati annunciati due prodotti per il riscaldamento dell’acqua che, molto probabilmente, rientrano nella categoria della “energia dal nulla”.
La caldaia a dissociazione ionica
La prima è la cosiddetta caldaia a dissociazione ionica, in pratica una caldaia elettrica dove il riscaldamento dell’acqua avviene tramite una sorta di elettrolisi, facendo cioè passare una corrente alternata a 50 Hz fra due elettrodi immersi in una soluzione alcalina.
L’elettricità produce ioni, cioè atomi o molecole elettricamente carichi, e, cambiando continuamente di polarità, li fa correre ad alta velocità avanti e indietro fra i due elettrodi, riscaldando, per “attrito”, tutto il liquido. Usando uno scambiatore, il calore della soluzione alcalina viene poi trasferito all’acqua di un serbatoio.
«Il sistema è stato ideato nell’Unione Sovietica decenni fa, per produrre acqua calda sui sottomarini nucleari», ci spiega Stefano Pignotti, uno dei titolari della STE di Civitanova Marche, società per la commercializzazione di sistemi di climatizzazione ed energetici a fonti rinnovabili, «ma è stato in seguito adottato largamente in tutto l’est Europa, per produrre acqua calda domestica, dove non era disponibile il metano.
Il metodo è molto semplice, robusto, silenzioso e veloce, ma la cosa più interessante è che chi costruisce caldaie ioniche in quei paesi, sostiene che abbiano un COP superiore ad 1, cioè producano più energia termica dell’energia elettrica che vi viene immessa. Per la precisione le caldaie ioniche avrebbero un COP fra 1,6 e 2,2». Per questo alla STE hanno deciso di indagare più a fondo, provando a costruire un loro modello di caldaia a dissociazione ionica, da proporre poi sul mercato.
Problemi da risolvere
«Questo perché i modelli in uso nei paesi dell’Est Europa – spiega il titolare – sonofuori norma da noi: sappiamo di persone che hanno acquistato caldaie ioniche tramite internet e si sono ritrovati con problemi all’impianto elettrico e bollette pesantissime ». Queste esperienze negative avrebbero forse dovuto far sospettare ai Pignotti di stare buttando via il loro tempo e i loro soldi in questa impresa, tuttavia loro restano convinti che le caldaie ioniche siano una strada promettente.
«In quei casi ci sono stati errori di installazione e modalità di funzionamento di dispositivi comunque inadatti agli usi a cui si volevano destinare. Per evitarli stiamo realizzando un modello in grado di produrre riscaldamento e acqua sanitaria al massimo dell’efficienza. Non posso divulgare i particolari, ma le prove mostrano che in effetti la caldaia produce un guadagno di energia termica rispetto a quella immessa, che la colloca come convenienza a metà strada fra quelle a gas e le pompe di calore ad aria, che hanno sì un COP di 3-4, ma sono ingombranti, rumorose e con una efficienza che precipita quando fuori fa molto freddo».
Il mistero del COP > 1
Sul perché, però, le caldaie ioniche dovrebbero produrre più energia di quanto immessa, il mistero è fitto. Come è noto le pompe di calore, ottengono un COP >1, semplicemente perché usano l’energia per “raccogliere” calore già presente in aria o in falde acquifere, cosa che non accade certo nelle caldaie ioniche. Secondo Pignotti, nel loro caso, l’effetto “energia gratis” dipenderebbe dal fatto che il riscaldamento dell’acqua continua per un po’ dopo che la caldaia si è spenta.
«Questo non ha nessun senso scientifico», ci dice il professore di fisica tecnica ambientale al Politecnico di Milano, Livio Mazzarella. «L’energia non nasce dal nulla, ma si trasforma da una forma a un’altra. In questo caso quella elettrica produce ioni e li fa muovere all’interno del liquido, trasformandosi così in energia termica. Ma quando si interrompe l’alimentazione elettrica non c’è ragione per cui gli ioni continuino da soli a nascere e muoversi fra gli elettrodi. Il prolungarsi del riscaldamento dipende solo da effetti come il raffreddamento degli elettrodi o la cessione delle cariche accumulate; non è una ”produzione dal nulla” di energia, ma solo una conseguenza di quella ricevuta in precedenza. Insomma, a me pare che questo sistema sia solo un metodo complicato per scaldare acqua elettricamente, con una efficienza probabilmente simile a quella di una normale caldaia a resistenza. Del resto, se ci si pensa, le caldaie ioniche sono nate per i sottomarini nucleari, dove l’ultima cosa che manca è l’energia. Non le hanno quindi ideate per risparmiare elettricità, ma solo perché sono silenziose, compatte, veloci e molto affidabili. Se si cercano queste caratteristiche possono andar bene, ma se le si vuole per un presunto COP maggiore di uno, non ci siamo proprio».
In effetti, basta una semplice ricerca su internet per scoprire che quello che vogliono fare alla STE è già stato fatto da una ditta francese, la Ionise, sul cui sito decantano le doti di velocità e compattezza della loro caldaia ionica, ma si guardano bene dal sostenere che produca più energia di quanta ne consumi, limitandosi a sostenere che avrebbe un 98% di efficienza.
La caldaia idrosonica
E siccome le stranezze vanno a coppia come le ciliegie, sul mercato è comparsa recentemente anche una ancora più misteriosa caldaia idrosonica, la Ecotemp, e questa è pure già in vendita in Italia. Secondo quanto scritto nel sito si tratterebbe di una “pompa idrotermica cavitazionale”, senza nessuna altra descrizione del meccanismo, con un rendimento vagamente definito come “Alto”. Però, leggendo i dati tecnici si scopre che con un assorbimento di 6 kWh elettrici, si otterrebbero ben 12 kWh sotto forma di calore; quindi di nuovo un COP 2.
Ci sarebbe piaciuto chiedere lumi su questa magica tecnologia che raddoppierebbe l’energia al titolare della società che la comercializza, la Green Technology, ma nonostante varie richieste, non si è mai fatto trovare al telefono. Per cui siamo ricorsi ancora al professor Mazzarella. «Qui si spaccia come rivoluzionario un vecchio prodotto ben conosciuto in ambito industriale, per esempio come le pompe centrifughe particolari, usate per scaldare velocemente l’acqua. In pratica si tratta di “frullatori” che usando il fenomeno della cavitazione, cioè la produzione e poi implosione di bolle di vapore a monte di pale che ruotano molto rapidamente in un liquido, lo riscaldano velocemente e intensamente. Talvolta per incrementare l’efficienza di conversione elettrico-termica si usa anche la formazione di onde d’urto tramite ugelli sonici, da cui il termine “idrosonica”. Ma, di nuovo, tutto quello che si ottiene è convertire prima l’energia elettrica nel movimento delle pale e poi questo in calore: non c’è nessuna aggiunta miracolosa di energia “gratis” e non è quindi possibile che da 6 kWh di elettricità escano fuori 12 kWh termici. Anzi l’efficienza totale del sistema sarà probabilmente inferiore a quella di una banale caldaia a resistenza, che ha in genere efficienze intorno al 90%».
Sorprende, quindi, che questo prodotto, a quanto si dice nel sito, ottenga lo sconto del 65% come caldaia “innovativa”. Il metodo sarà anche innovativo per il riscaldamento domestico, ma l’efficienza non è probabilmente superiore a quella di un vecchio scaldabagno.
Insomma, cari consumatori che cercate sistemi di riscaldamento elettrici originali, magari da accoppiare alla vostra produzione di elettricità solare: attenti alle ingenuità o alle bufale, e verificate che le performance di quello che state per acquistare sia certificato da enti di controllo indipendenti, e non solo dalla parlantina del venditore.
Fonte: Quale Energia